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A partire dal secolo scorso, l'arte vive e si evolve ripensando se stessa. E se fossero proprio i linguaggi e le pratiche in cui viene messa alla prova la compiutezza individuale dell'opera, attraverso la moltiplicazione dei segni e delle immagini - dall'incisione al design, dalla fotografia alla moda - a rappresentare in maniera esemplare il destino problematico e l'urgenza di senso del fare-arte? È l'ipotesi che percorre il lavoro curatoriale e gli interventi critici di Federica Di Castro raccolti in questo volume. Dal confronto con una serie di maestri, anche assai distanti fra loro, del Novecento italiano (Giorgio Morandi, Giuseppe Pagano, Ettore Sottsass, Tazio Secchiaroli, Mario Schifano) e dal dialogo con gli artisti, e in particolare le artiste, incrociate e seguite nel corso degli anni (fra cui: Maria Lai, Carla Accardi, Giosetta Fioroni), emerge il disegno tanto personale quanto rigoroso di una linea in cui le ossessioni e le invenzioni individuali si sovrappongo alle ansie e ai progetti di un'intera epoca. Un'idea espansa dell'arte, dunque, che è anche una visione felicemente inattuale della vita e della nostra civiltà.